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Mobilità condivisa: il cambio di paradigma è già iniziato

In Italia, la mobilità continua a essere dominata dall’uso dell’auto privata. Secondo i dati del Rapporto Future Ways 2024, nel nostro Paese circa l’80% delle percorrenze avviene con mezzi personali motorizzati, principalmente automobili. Nonostante l’emergere di nuove soluzioni e servizi, il modello della mobilità personale continua a condizionare le infrastrutture, la spesa delle famiglie e la pianificazione urbana.

La centralità dell’auto privata non si misura solo in termini di utilizzo, ma anche di risorse. Le famiglie italiane destinano quasi il 90% della spesa per la mobilità all’acquisto, alla gestione e alla manutenzione dei veicoli di proprietà. La rete stradale, le politiche fiscali e le abitudini quotidiane rafforzano un sistema che ha prodotto nel tempo benefici in termini di libertà individuale, ma anche elevati costi sociali, ambientali ed economici.

Eppure, un cambiamento è in corso. Il concetto di mobilità condivisa sta guadagnando terreno e consenso, non solo tra gli esperti del settore, ma anche nella consapevolezza pubblica. Il Rapporto Future Ways 2024, a cura della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile e dell’Osservatorio Nazionale Sharing Mobility, propone una lettura sistemica e aggiornata di questo scenario, distinguendo chiaramente due modelli di fondo: la mobilità personale e la mobilità come servizio.

La mobilità condivisa non si limita al trasporto pubblico tradizionale, ma comprende una vasta gamma di soluzioni: autobus, treni, taxi, veicoli in sharing (auto, biciclette, monopattini), servizi a chiamata e sperimentazioni sempre più diffuse di piattaforme digitali. È un sistema in cui il mezzo di trasporto non è posseduto, ma usato solo quando serve; in cui l’interazione tra domanda e offerta avviene in tempo reale, e dove l’efficienza si misura sulla capacità di rispondere a bisogni diversi, in contesti diversi.

Questo nuovo paradigma non propone di sostituire semplicemente l’auto privata con un altro mezzo. Al contrario, si basa sulla complementarità: ogni servizio, dal treno all’e-bike, ha un ruolo specifico all’interno di un ecosistema integrato. L’obiettivo è permettere alle persone di scegliere l’opzione più efficiente, economica e sostenibile in base al tipo di spostamento, al momento della giornata, alle condizioni meteo, ai costi.

Il ruolo della digitalizzazione

A rendere possibile questa trasformazione è la transizione digitale. Le piattaforme MaaS (Mobility as a Service) permettono oggi di pianificare, prenotare e pagare un viaggio multimodale da un’unica app. I dati raccolti dai sistemi telematici consentono di ottimizzare l’offerta, anticipare i flussi di domanda, migliorare la qualità del servizio. E la diffusione di tecnologie come il GPS, il cloud computing, l’intelligenza artificiale e i pagamenti contactless rende tutto più semplice e accessibile.

La digitalizzazione ha anche un effetto culturale. Sempre più persone, soprattutto nelle aree urbane, stanno cambiando il proprio approccio alla mobilità. Si passa dall’idea del possesso a quella dell’accesso, dalla guida all’essere trasportati, dal mezzo individuale al servizio condiviso. Questo cambiamento non è solo tecnologico, ma sociale, e riflette nuove priorità: sostenibilità, flessibilità, tempo di qualità, riduzione dello stress.

I vantaggi della mobilità condivisa sono numerosi. Dal punto di vista ambientale, i veicoli condivisi emettono in media meno CO per passeggero rispetto a quelli privati. Le flotte sono più moderne e più elettrificate: oltre il 26% dei veicoli condivisi è elettrico, contro lo 0,5% del parco auto privato. Anche i costi esterni (incidenti, congestione, rumore, inquinamento) risultano più contenuti.

Dal punto di vista sociale, la mobilità condivisa può contribuire a contrastare la povertà di trasporto, ovvero l’incapacità di spostarsi per motivi economici o geografici. Nelle aree periferiche e nei piccoli centri, dove il trasporto pubblico è spesso assente o insufficiente, l’accesso a servizi di mobilità condivisa può fare la differenza tra partecipazione e isolamento. Garantire il diritto alla mobilità è anche una forma di giustizia sociale.

Le sfide da affrontare

Nonostante il potenziale, la mobilità condivisa in Italia deve ancora superare diversi ostacoli. L’offerta resta limitata rispetto alla domanda, soprattutto fuori dai grandi centri. Gli investimenti pubblici nel trasporto locale non crescono da oltre un decennio, e la spesa pro-capite è ancora inferiore rispetto a Francia e Spagna. Serve uno “shock di offerta”, come lo definisce il rapporto: un aumento deciso dei servizi, un miglioramento dell’infrastruttura, una governance orientata all’integrazione tra operatori e territori.

La mobilità condivisa non è una moda, ma una leva strategica per costruire un futuro più sostenibile, inclusivo ed efficiente. Il cambiamento è già iniziato, ma la sua realizzazione richiede visione, coordinamento, innovazione e coraggio politico. Offrire alternative credibili all’auto privata non significa togliere libertà, ma moltiplicare le opportunità. Significa immaginare città e territori dove muoversi è più semplice, più economico e più giusto.

Fonte: “Rapporto Future Ways 2024 – Perché la mobilità condivisa è importante”, Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile e Osservatorio Nazionale Sharing Mobility. Contenuti rielaborati a fini divulgativi.

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