Per anni il car sharing è stato uno dei simboli della nuova mobilità urbana: meno auto private, più condivisione, più sostenibilità. Oggi, però, anche in Italia il settore sta attraversando una fase di rallentamento, con servizi ridotti e operatori che stanno ripensando il proprio modello.
Leggere questo scenario come un fallimento sarebbe però una semplificazione. Il car sharing non sta scomparendo: sta cambiando funzione, all’interno di un sistema di mobilità che è diventato più complesso e più maturo.
Il confronto con altri Paesi europei aiuta a leggere meglio questo passaggio. In città come Parigi, Berlino o Amsterdam il car sharing continua a svolgere un ruolo rilevante perché è inserito in un ecosistema urbano fortemente orientato alla riduzione dell’auto privata, con un trasporto pubblico capillare, politiche di disincentivo al possesso e una pianificazione pensata per l’intermodalità. In questi contesti, l’auto condivisa tende a coprire esigenze specifiche o a sostituire la seconda auto.
Il contesto italiano presenta invece caratteristiche diverse. Le nostre città non sono state progettate per la mobilità condivisa, l’auto privata resta centrale nelle abitudini di molti cittadini e il trasporto pubblico, soprattutto al di fuori dei grandi centri urbani, non sempre riesce a offrire un’alternativa efficace. In questo scenario, l’auto condivisa fatica a diventare una soluzione strutturale, in particolare per chi si muove quotidianamente su distanze medio-lunghe o in aree periurbane.
Ma mentre il car sharing tradizionale rallenta, la mobilità intelligente accelera. Il cambiamento più profondo degli ultimi anni non riguarda tanto il mezzo, quanto il modo in cui viene utilizzato e compreso. Il valore si è progressivamente spostato dal possesso del veicolo alla capacità di analizzare gli spostamenti, i comportamenti di guida e i contesti di utilizzo.
È qui che entrano in gioco i dati e l’intelligenza artificiale. Oggi la mobilità può essere governata attraverso informazioni che permettono di capire quando, dove e come le persone si muovono, e di progettare servizi più efficienti, sostenibili e coerenti con i bisogni reali. Non si tratta più di aumentare il numero di veicoli disponibili, ma di utilizzare le risorse in modo più intelligente, come già avviene in molti modelli evoluti di mobilità urbana a livello internazionale.
Il futuro della mobilità urbana non sarà definito da una singola soluzione vincente. Sarà piuttosto un ecosistema integrato, in cui car sharing, noleggio, flotte aziendali, micromobilità e trasporto pubblico convivono e dialogano tra loro. In questo modello, il car sharing non scompare, ma diventa parte di un sistema più ampio di Mobility as a Service, in cui l’obiettivo non è offrire un’auto, ma semplificare e rendere più efficienti gli spostamenti.
L’intelligenza artificiale gioca un ruolo chiave proprio in questa evoluzione. Grazie a modelli predittivi e analisi avanzate, è possibile anticipare la domanda, ottimizzare le flotte, ridurre i costi operativi e migliorare l’esperienza degli utenti. In altre parole, meno veicoli, ma più efficienti, inseriti in un sistema capace di adattarsi ai contesti urbani e alle esigenze delle persone.
È in questa capacità di leggere e interpretare la mobilità che si gioca oggi la vera sfida. Una sfida condivisa, che coinvolge pubblico e privato, e che richiede strumenti, competenze e visione per accompagnare la trasformazione in corso. Perché il futuro della mobilità non è una soluzione unica, ma un sistema intelligente in cui ogni attore può trovare il proprio spazio e il proprio valore.